Il plastico in scala H0 nasce da oltre dieci anni di esperimenti ed è realizzato in modo modulare, ovvero ogni socio dell’Associazione Torinese Tram Storici, può unire il proprio lavoro a quello degli altri, formando un diorama di grandi dimensioni con molteplici possibilità di esercizio. La sua particolarità è la costruzione integralmente artigianale perché i tram non hanno mai avuto grossa considerazione da parte dei produttori di treni in miniatura, specie in scala H0 (1:87). Può raggiungere gli 11 metri di estensione assemblando tutti i 10 moduli finora realizzati. Questo dato è potenzialmente in costante crescita perché sempre più soci si avvicinano al gruppo modellistico e contribuendone alla crescita.
Il plastico, rappresenta uno scenario urbano di fantasia ma ispirato ad ambientazioni realmente esistenti. Il capolinea del Gerbido esiste anche al vero, ma è solo automobilistico. L’adiacente "museo del tram" è ispirato al fabbricato della tranvia Sassi-Superga e alla rimessa tranviaria di Cuneo. Il deposito, uno dei moduli più scenografici (grazie ai "pettini" che permettono l’ingresso e l’uscita dei tram dal fabbricato a tre binari) riprende la vecchia struttura della tranvia Torino-Rivoli a Collegno. I moduli di piazza Statuto, ancora in fase di completamento, ne riproducono la disposizione degli anni ’40. Visto che la maggior parte dei moduli rappresenta, con le dovute licenze modellistiche, un angolo di realtà, l'unica strada percorribile era quella dell’autocostruzione degli edifici in modo da renderli il più possibile aderenti al vero. La chiesa del Gerbido è realizzata in forex mentre il "museo del tram" è di cartone vegetale tagliato al laser: questa tecnica permette di tagliare in modo preciso ed economico tutte la parti dell’edificio, specialmente quelle con parti curve. La decorazione finale è stata fatta con accessori del commercio e qualche piccola fotoincisione dedicata (come ad esempio le finestre). L'asfalto è realizzato con la malta che si usa per riempire le fughe delle piastrelle: granulometria e colore sono perfetti. Esso viene posato in polvere su una base di colla uniformemente stesa sulla superficie da coprire. Data l'ambientazione priva di una precisa collocazione temporale, non è stata realizzata la segnaletica stradale, né orizzontale né verticale (salvo rare eccezioni). Nel 1978 l'ATM di Torino aveva allestito un bus a due piani come "mostra bus" con l'intento di spiegare ai cittadini possibilità e prospettive della rete dei trasporti. All'interno del mezzo era stato esposto un plastico che anticipava la struttura che avrebbero avuto i nuovi corsi: corsie riservate, fermate con pensilina, banchine sotto le alberate. Questo diorama dopo vari giri all'interno dell'azienda, è stato recuperato dall'Atts che ne ha restaurato i pregevoli edifici per creare tre nuovi moduli con palazzi in stile barocco, raffiguranti un tipico viale torinese.
Per quanto riguarda il tracciato, la linea a doppio binario corre sul bordo dei moduli (dal lato del pubblico) per poi addentrarsi nei moduli in corrispondenza di capolinea, deposito, museo, cappi di inversione, ecc. Questa scelta è stata presa per evitare tracciati ad anello che sono poco realistici specie nel mondo tranviario. Vista l’assenza in commercio di binari adatti all’uso tranviario, gli stessi sono ottenuti tramite la fotoincisione di una lastrina di ottone spessa 0,7 mm; nella lastra sono inclusi tratti rettilinei, curvi, scambi, incroci e tutte le parti che permettono di realizzare le configurazioni più disparate, tra cui scambi compenetrati, in curva o tripli. La precisione estremamente elevata della fotoincisione ha permesso di realizzare un impianto altamente affidabile e a prova di deragliamento. Le varie parti fotoincise sono semplicemente incollate sul basamento del plastico, senza la necessità di traversine o altri sistemi di aggancio. Il raggio minimo delle curve è 180 mm, corrispondenti in scala a circa 15,5 metri reali. Una misura davvero tranviaria, pensando che a Torino il raggio minimo della rete è di 15 metri.
Agli inizi, però, i binari a gola erano realizzati saldando le classiche rotaie "codice 100" su traversine in vetronite ramata, costruendo con questa tecnica anche scambi e incroci. Per quanto funzionale, questa tecnica era estremamente lunga da applicare, per cui si andò alla ricerca di altre soluzioni, trovando oltreoceano binari, scambi e incroci con rotaie Phoenix (con gole), prodotti dall’americano Richard Orr. Per quanto permettessero di realizzare diverse configurazioni, la qualità di marcia non era soddisfacente e così si tornò a studiare nuove alternative finché non si è giunti all'idea della fotoincisione.
Poiché era estremamente difficile isolare le rotaie, specialmente in corrispondenza di scambi e incroci, si è deciso di realizzare una linea aerea funzionante che, insieme al binario, costituisse uno dei due poli di alimentazione dei modelli. Il filo di contatto è realizzato da un tondino di ottone da 0.7 mm di diametro, sostenuto da supporti da 0.5 mm. La palificazione è composta da più tipi: dai classici pali a sezione cilindrica ottenuti grazie a tubetti di ottone da 2 e 3 mm di diametro e da pali a traliccio realizzati tramite fotoincisione. Non mancano i portali liberty della Sommerfeldt e altri autocostruiti. I primi tram prendevano corrente grazie ad un pantografo o archetto, ma anche questo aspetto è stato migliorato. Oggi infatti la maggior parte dei tram prende la corrente tramite l’asta, altra peculiarità del plastico. Per permetterne lo scorrimento è stato necessario rifare tutta la linea area interponendo dei distanziali fotoincisi tra linea di contatto e filo di supporto: in questo modo la rotella (in realtà sostituito da un pattino, come quello dei filobus) può scorrere liberamente lungo il cavo. In corrispondenza dei deviatoi è stato necessario inserire uno scambio aereo realizzato esattamente come quelli reali.
Riguardo al materiale rotabile anche in questo caso il commercio è avaro di modelli di tram, con qualche rara eccezione: ottime sono le Peter Witt prodotte dalla Spectrum-Bachmann e i tram tedeschi della Kato. Ma l’unico modo di vedere tram italiani era autocostruirli. I primi esperimenti sono realizzati con carrozzerie in plasticard e motorizzazioni Bec-kits, ma le soddisfazioni arrivarono ancora dalla fotoincisione: grazie a questa tecnica i modelli hanno raggiunto un livello di dettagli superlativo, e con le meccaniche austriache della Halling hanno una marcia estremamente regolare. Il tetto, per contro, è realizzato mediante la clonazione con resine di un master realizzato a mano, ma che negli ultimi modelli è stato ottenuto mediante stampa 3D. Oggi abbiamo svariati modelli di tram di Torino, ad assi, a carrelli e articolati oltre al tram di Napoli tipo ‘Meridionale’ di produzione ModelTramTorino e Mr.Hobby. Inoltre abbiamo qualche modello di Milano della N3C. La collezione, come è facile immaginare, è destinata ad espandersi sempre più.
Il plastico è controllato digitalmente tramite un sistema che consente la circolazione contemporanea di oltre 10 mezzi che accelerano e frenano in modo realistico e percorrono linee prestabilite. Anche questo aspetto, come tutto il resto del plastico, ha avuto notevoli sviluppi dagli albori ad oggi. Inizialmente la gestione era analogica, ma questo era un grosso limite per la difficoltà di sezionare i binari e realizzare delle tratte isolate in cui fermare le vetture. Durante le manifestazioni ci si era resi conto che 2-3 tram in movimento non erano più sufficienti su un plastico di dimensioni ormai notevoli. Per questo motivo si è passati a un dispositivo di controllo digitale, che permettesse accodamenti realistici ai capolinea o nel deposito mantenendo semplice la struttura dell'impianto. La scelta del sistema di controllo è ricaduta sulla centrale digitale Claudia CS realizzata da Nuccio Raneri che la fornisce anche in kit di montaggio. La centrale riceve degli impulsi dai 32 sensori di assorbimento collocati sottoplancia nel plastico, li trasmette al PC dove il software di controllo (Rocarail) li elabora e reinvia alla centrale i comandi per ogni tram e scambio. In questo modo è possibile avere in movimento, in contemporanea sul tracciato, anche 10 tram che accelerano e frenano in modo realistico e percorrono delle linee prestabilite. Il sistema funziona con il principio del blocco automatico: il tram non può entrare nel blocco successivo se questo è occupato. Il software però consente di creare degli itinerari che consistono in serie blocchi, "le linee", e di inserire fermate temporizzate, accensione delle luci, rallentamenti, e di simulare precedenze nel caso, ad esempio, di svolte a sinistra. Tallone d’Achille di tutto il sistema è lo sporco: la presa di corrente da linea aere è molto sensibile, specialmente per i tram con l'asta. La soluzione trovata è quella di installare a bordo di ogni vettura un gruppo di condensatori che accumulano energia comportandosi come dei gruppi di continuità in caso di mancata captazione di corrente, permettendo alla vettura di superare i punti sporchi senza fermarsi.
Il lavoro dei soci Atts si è evoluto anno dopo anno, sembra davvero ieri che si tracciava a matita l’asse del binario sulla plancia del primo modulo, ma le idee per il futuro sono molte: dagli indicatori di direzione funzionanti agli stop, passando per le microtelecamere sui tram per finire con l’ampliamento dei percorsi e dei moduli realizzati.