IN VETTA AL MONTE WASHINGTON
di Roberto Cambursano
Il 3 luglio 1869 la prima ferrovia di montagna a cremagliera del mondo effettuava la sua corsa inaugurale raggiungendo la cima del Monte Washington in America: da allora questa linea non ha mai smesso di funzionare (è gestita ancora oggi in parte con materiale rotabile d’epoca!) e ed essa si sono affiancate successivamente numerosi altri impianti “ad aderenza artificiale” in ogni parte del pianeta. A distanza di 150 anni, questo articolo si propone di commemorare quella storica data.
Il Monte Washington (o Agiocochook nel linguaggio nativo americano) è situato nello stato del New Hampshire, circa 200 km a nord di Boston. Alto 1916 metri, è la cima più elevata delle delle White Mountains, appartenenti alla lunga catena dorsale dei Monti Appalachi che corre parallela alla costa atlantica, ed è famoso per le sue condizioni climatiche particolarmente inclementi (figura 1). Alle sue pendici, nel Grand Hotel Mount Washington di Bretton Woods, si tenne nel 1944 la famosa Conferenza che portò alla creazione del Fondo Monetario Internazionale.
A metà Ottocento le montagne non erano certo meta del turismo massa: le lunghe e faticose ascensioni a piedi erano riservate ad escursionisti appassionati ed esperti, talvolta aiutati da ani-mali da soma. L’idea di costruire una ferrovia di montagna ad uso turistico venne per prima a un imprenditore americano, Sylvester Marsh (1803-1884) (figura 2), che progettò espressamente un sistema a cremagliera in collaborazione con l’ingegnere e inventore Walter Aiken.
A dire il vero, una rudimentale cremagliera era già stata inventata dagli inglesi John Blenkinsop e Matthew Murray e utilizzata fra il 1812 e il 1838 in una ferrovia mineraria per il trasporto del carbone, mentre fra 1847 e il 1868 aveva funzionato in America un tratto di cremagliera sulla ferrovia Madison-Indianapolis con un sistema ideato da Andrew Cathcart: in entrambi i casi però, la cremagliera fu rimossa quando entrarono in funzione locomotive a vapore più potenti; inoltre le pendenze da superare non superavano il valore del 6%.
Il sogno di Marsh era di realizzare un’impresa eccezionale, una “railway to the moon” come fu definita ironicamente dai suoi detrattori, a dispetto dei quali egli riuscì a coinvolgere nel progetto le autorità locali e a trovare i necessari finanziamenti: i lavori iniziarono nell’estate del 1866 e tre anni dopo la linea fu completata.
La linea collega la stazione di Marshfield a quota 820 metri (antico nodo di interscambio con la “Boston & Maine Railroad” e sede del deposito vetture) con la cima del Monte Washington (figure 3 e 4), con un dislivello di 1100 metri. Il tracciato è lungo 4536 metri, interamente provvisto di cremagliera con scartamento di 1411 mm; il raggio minimo delle curve è di 150 metri. In origine, non essendo ancora stati inventati i moderni scambi a cremagliera, il cambio di binario si effet-tuava al capolinea/deposito mediante piattaforme girevoli; lungo la linea erano invece presenti due tratti di binario morto che permettevano l’incrocio dei treni ascendenti e discendenti, dotati ciascuno di un rudimentale scambio con nove parti mobili che dovevano essere manovrate a mano una per una. Dal 1941 sono presenti doppi scambi di tipo moderno sui due tratti intermedi di rad-doppio del binario, che permettono l'incrocio dei treni senza manovre di retromarcia (figura 5).
Una caratteristica peculiare di questa ferrovia a cremagliera è che è l'unica esistente al mondo che poggia quasi interamente su una incastellatura di legno formata da pali disposti a graticcio (“trestle”) (figura 6): la via ferrata non è quindi adagiata direttamente al terreno, bensì all’ incastel-latura che sostiene le traversine, sulle quali poggiano le rotaie e la cremagliera con l’interposizione di tre longherine longitudinali di legno. La scelta di questo particolare tipo di se-de permise di ridurre al minimo i costi di costruzione, dato che il binario ha potuto seguire la pendenza naturale del terreno senza bisogno di ponti, muri e gallerie e praticamente senza lavori di sterro o riporto di terra: ciò le conferisce un aspetto “western” molto diverso da quello delle linee europee.
La cremagliera (figura 7), posata in asse al binario, è costituita da due barre parallele in ghisa con sezione a “L” collegate da pioli orizzontali tondi in acciaio inseriti in fori a distanza regolare. L’aspetto della cremagliera Marsh è quello di una scala a pioli in miniatura, tanto che la struttura venne subito popolarmente soprannominata “Jacob’s ladder”, a ricordo della biblica “Scala di Giacobbe” che congiungeva la terra al cielo. Il sistema Marsh servì da modello per le prime ferrovie a cremagliera europee, costruite con il sistema Riggenbach (la seconda linea al mondo e prima in Europa fu quella del Monte Rigi in Svizzera nel 1871), anch’esso somigliante a una piccola scala a pioli e distinguibile dal Marsh essenzialmente per la sezione dei pioli, che è trapezoidale anziché cilindrica.
Ma la caratteristica tecnica più impressionante è l’inclinazione del tracciato, con una pendenza che arriva al vertiginoso valore del 37,7%: è stata la ferrovia ad aderenza artificiale più ripida del mondo fino al 1889, quando il primato le fu strappato dalla linea svizzera del Monte Pilatus (che ha una pendenza massima del 48% ed è dotata di cremagliera Locher a doppia ruota dentata orizzontale). E’ comunque a ancora oggi la seconda linea a cremagliera al mondo per pendenza e la prima fra quelle a ruota dentata verticale.
E' curiosa la storia della “Devil's shingle” (“Slitta del diavolo”) (figura 8), un marchingegno utilizzato agli inizi del Novecento dai lavoratori della compagnia per scendere individualmente lungo il binario a gran velocità sfruttando la forza di gravità. Questo consisteva in una tavola di legno lunga 90 cm e larga 25 cm, su cui sedeva a cavalcioni il malcapitato, sagomata in modo da scorrere longitudinalmente intorno al profilato della cremagliera centrale e dotata di maniglie laterali che, se tirate, fungevano da freno per attrito sul profilato metallico. Una tipica discesa durava 10 minuti, ma i lavoratori ingaggiarono una vera e propria competizione che portò il record a 2 minuti e 45 secondi! Dopo l'ennesimo incidente mortale però, la Compagnia proibì l'uso di questi infernali attrezzi nel 1907.
Nel normale esercizio, si ricorda un solo grave incidente avvenuto nel 1967, quando un deragliamento su uno scambio mal posizionato causò la morte di 8 passeggeri e il ferimento di altri 72.
Il parco rotabile circolante, tutto di produzione americana, è abbastanza eterogeneo. La prima locomotiva (figura 9), entrata in servizio già durante la fase di costruzione della linea e usata per il trasporto dei materiali, era dotata di una caldaia verticale che la faceva assomigliare a una bottiglietta di salsa piccante (di qui il nomignolo “Peppersass”) e disponeva di un’unica ruota dentata motrice collegata a due cilindri a vapore, montata sull’asse di valle in mezzo alle due normali ruote ferroviarie; le ruote dell’asse di monte erano folli e servivano solo a sostenere il peso del veicolo. Sulle altre locomotive entrate successivamente in servizio comparvero progressivamente varie innovazioni: il “freno atmosferico di sicurezza” (un dispositivo ad aria compressa di vitale importanza su pendenze così accentuate, che rendeva superfluo il ricorso alla frenatura a controvapore caratteristica delle macchine a vapore), la doppia ruota dentata motrice (che garantiva una trazione molto più potente con due doppi cilindri) e poi la caldaia orizzontale. Ogni motrice, sempre contraddistinta da un nome proprio, ha sempre potuto spingere un solo vagone passeggeri; per motivi di sicurezza, la locomotiva è sempre collocata a valle del convoglio, in modo da spingerlo in salita e trattenerlo in discesa (questa pratica si è poi sempre mantenuta sulle ferrovie di montagna fino ai nostri giorni). Quattro locomotive a vapore sono operative ancora oggi, tutte costruite in New Hampshire dalla Manchester Locomotive Works: la n. 2 “Ammonoosuc” (1875) (figura 10), la n. 3 “Agiocochook” (1883, proveniente dalla linea di Green Mountain), la n. 6 “Kancamagus” (1874) e la n. 9 “Waumbeck” (1908). Nel 1972 e nel 1983 furono costruite ex-novo dalle officine aziendali due macchine–replica a vapore, entrambe però ormai tolte dal servizio. La velocità di esercizio per i treni a vapore è di 4,5 km/ora in salita e 7,4 km/ora in discesa: i tempi ordinari di viaggio sono conseguentemente di 65 minuti in salita e di 40 minuti in discesa.
A partire dal 2008 è stata progressivamente ridotta la trazione a vapore allo scopo di ridurre i costi e ridurre i tempi di viaggio: attualmente ci si avvale in modo intensivo di sei locomotive diesel-elettriche fabbricate dalle officine aziendali e alimentate con una miscela di bio-diesel, obiettivamente assai brutte esteticamente, che effettuano la salita in 37 minuti (figura 11); la trazione a vapore è limitata a una o due coppie di corse ordinarie al giorno a seconda della stagione. Completano il parco rotabile otto vagoni passeggeri, tutti di tipo “replica” dall'aspetto antico e ca-paci ciascuno di portare fino 80 persone di cui 70 sedute.
L'orario di servizio, attivo da fine maggio a fine novembre, prevede sempre partenze ogni ora, con “plotoni” anche di tre convogli che si seguono a distanza ravvicinata. La debolezza della strut-tura in legno a graticcio che sostiene il binario spiega perchè, invece di costruire sei locomotori moderni che possono spingere un solo vagone e necessitano di due agenti per convoglio (il guidatore sul locomotore a valle e il frenatore sul vagone a monte), non si sia optato (come invece è avvenuto per la ferrovia di Pikes Peak in Colorado, l’altro famoso impianto a cremagliera americano) per la realizzazione di due nuovi grandi convogli articolati, ognuno dei quali avrebbe potuto caricare l'equivalente di 3 vagoni: l'economia di costruzione della linea si è trasformata in dispendio di costi di gestione!
La linea del Monte Washington è l’unico esempio di cremagliera esistente al mondo con il sistema Marsh, del quale si è avuta in passato una sola altra applicazione, sempre in America, sulla linea di Green Mountain (inaugurata nel 1883 e chiusa nel 1892). Tutte le altre ferrovie a crema-gliera costruite successivamente hanno adottato altri sistemi, via via più perfezionati, a cominciare dal Riggenbach e poi l’Abt, lo Strub e il Locher. Il fatto che dopo 150 anni la “Mount Washington Cog Railway” continui a funzionare con le stesse modalità, ne fa un vero e proprio Museo in movimento: auguriamoci che continui così ancora per molto tempo!
ELENCO IMMAGINI
fig. 1 - BROCHURE STORICA / Immagine da volantino d’epoca / Pubblicità della ferrovia del Monte Washington / Anni 1920.
fig. 2 – SYLVESTER MARSH / Fotografia d’epoca P.D.
fig. 3 - VERSO LA CIMA / Foto Stannate-Lic.CC.2.0 / Il binario sul tratto superiore della linea / 2009.
fig. 4 – ARRIVO IN CIMA / Foto DNoahg-Lic.CC4.0 / Convoglio formato dalla locomotiva a vapore “Agiocochook”e un vagone passeggeri “replica” in arrivo alla stazione di monte / 2017.
fig. 5– TRATTO DI RADDOPPIO CON SERBATOIO DELL’ACQUA/ Foto Roy Luck-Lic.CC2.0 / Un tratto intermedio di raddoppio del binario per l’incrocio dei treni, con serbatoio per la ricarica dell’acqua / 2018.
fig. 6 - THE “TRESTLE” / Cartolina d'epoca / Tipica immagine della ferrovia con la struttura portante a graticcio (“Trestle”) / Anni 1930.
fig. 7 - CREMAGLIERA MARSH / Foto Kremerbi-Lic.CC3.0 / Maquette con rotaia e ruota dentata Marsh esposta al Museo della Ferrovia del Monte Washington / 2012.
fig. 8 - LA “DEVIL'S SHINGLE” / Foto B.W.Kilburn-PD / La pratica della “Devil's shingle” (“Scandola del diavolo”) / Anni 1880.
fig. 9 - LOCOMOTIVA “PEPPERSASS” / Foto Dan Crow-Lic.CC3.0 / La “Peppersass”, prima locomotiva della linea del Monte Washington, esposta presso la stazione di valle / 2006.
fig. 10 - MANOVRA IN STAZIONE / Foto Gwernol-Lic.CC.3.0 / La locomotiva a vapore “Ammonoosuc” aggancia una vettura rimorchiata sul piazzale della stazione inferiore / 2006.
fig. 11 – CONVOGLIO A TRAZIONE DIESEL / Foto Fredlyfish4-Lic. CC.4.0 / Un convoglio spinto da un locomotore diesel moderno in prossimità della stazione superiore / 2010.