La nebbia creava sconcerto tra i passeggeri del tram suburbano n. 75 della Compañía de Tranvías Eléctricos del Sur di Buenos Aires, i quali, lungi di abituarsi ad essa cercavano di non sommare un motivo di angoscia in più e di affrontare nel migliore dei modi l’inizio di una nuova giornata di lavoro.
Quella mattina infernale del mese di luglio, la nebbia si era impadronita di Buenos Aires e quella sporca e traballante vettura -affollata sin dal capolinea- continuava a fare salire dei passeggeri. Come dire di “no” a quei lavoratori -emigrati italiani molti di loro- che all’alba dovevano recarsi nelle fabbriche metropolitane per iniziare il proprio turno di lavoro che sarebbe durato circa 12 ore?
Sul tram della linea 105 che quel 12 luglio 1930 era partito poco dopo le cinque di mattina dal capolinea di Lanùs, gli argomenti di conversazione erano due: il debutto della nazionale di calcio nel prossimo Mondiale di Uruguay e la crescente consapevolezza –persino fra quelle classi sociali che di politica se ne intendevano poco- di un possibile colpo di stato.
Si trattava di un "tram operaio" termine con il quale venivano designate le linee tranviarie, di solito suburbane, che gli operai, apprendisti e donne di servizio prendevano per recarsi ai rispettivi lavori. Essi abitavano per lo più nelle periferie, in quartieri popolari che il passaggio del tram aveva contribuito a creare e si recavano quotidianamente ai propri lavori nelle case agiate, nelle fabbriche e nelle officine di Buenos Aires. Il tram partiva da Lanùs, municipio della periferia sud di Buenos Aires e ripercorreva 44 km prima di arrivare al capolinea nella stazione ferroviaria di Constituciòn in centro alla città. A separare l’agiata realtà metropolitana della lugubre periferia sud vi era il Riachuelo, un piccolo fiume che lungo il suo percorso era guarnito da alcuni ponti mobili costruiti in ferro. Tra questi, il funesto Puente Bosch, situato nel cuore dei quartieri industriali e portuali del capoluogo argentino.
A lamentarsi della nebbia c’era anche il comandante della piccola petroliera Itaca II che in quel momento navigava le torbide acque Riachuelo avvicinandosi a Puente Bosch. Come da regola, la Itaca II fece due fischiettii all’operatore del ponte per richiedere il passo e, Manuel Rodrìguez, cittadino spagnolo di 68 anni nonché operatore del ponte, iniziò la manovra di sollevamento dopo aver consentito la circolazione a due tram. Per farlo, accese prima le luci rosse che indicavano che la parte centrale del ponte, quella mobile, avrebbe iniziato a sollevarsi.
Intanto, il tram operaio manovrato dall’italiano Giovanni Vescio di 31 anni, faceva l’ultima svolta prima d’imboccare via Bosch, quella che dava il nome al ponte e permetteva di attraversare il Riachuelo da una sponda all’altra.
“Quando il ponte iniziava a sollevarsi – ricorda Manuel Rodrìguez- mi è parso di sentire il cigolio di un tram ed ebbi un sudore freddo. Mi affacciai alla finestra del mio casello e intravidi, nella nebbia, le luci dei finestrini del tram che aveva iniziato a percorrere la prima parte del ponte ad alta velocità.” Disperato, Rodrìguez iniziò ad urlare dal suo casello al manovratore (all’epoca chiamato “motorman”) di fermarsi; ma fu inutile, il tram marciava troppo veloce e anche se il manovratore l’avesse ascoltato non avrebbe avuto il tempo di arrestare la vettura. “Il tram passò sotto la mia finestra e secondi dopo lo vidi cadere in acqua.” Da quel momento il silenzio fu assoluto e agghiacciante, erano circa le 6:10 di una mattina d’inverno.
Non è possibile stabilire la quantità esatta di passeggeri sul tram n.75, ma si calcolò che vi erano tra 60 e 70 anime di cui solo 4 sopravvissero. Uno di loro, Remigio Benadassi, era salito sul tram al capolinea di Lanùs. Era uno dei tanti emigrati italiani, un meccanico di professione che si recava al suo lavoro nella Compañía General Fabril ed ebbe la fortuna di sopravvivere al disastro: “ero seduto davanti, vicino al finestrino e quando il tram imboccò via Bosch vidi le luci di pericolo e mi è parso strano che il tram non si arrestasse. Dopo una sensazione simile alla discesa in ascensore mi sono subito trovato in acqua. Non riesco ancora a capacitarmi come ho fatto ad uscire, penso si sia rotto il vetro del mio finestrino visto che ho una ferita da taglio alla fronte.”
Una task force formata da sub del Ministerio de Obras Públicas riuscì a recuperare 56 corpi. L’ultimo fu quello del motorman Giovanni Vescio, da quattro giorni dipendente dell’azienda. Era la sua seconda volta alla guida di un tram. La autopsia consentì di accantonare l'ipotesi di ubriachezza. Altrettanto successe a Manuel Rodrìguez, l'operatore del ponte che dopo qualche giorno di detenzione fu liberato in quanto non ritenuto responsabile della tragedia grazie a delle testimonianze che attestavano che egli avesse compiuto tutte le misure di sicurezza previste per l'innalzamento del ponte mobile.
Intanto entrambe le sponde del Riachuelo si riempivano di curiosi ed il loro chiasso diminuiva man mano i corpi venivano estratti dalle torbide acque. In quei momenti il silenzio era assoluto ed angosciante. Tra i corpi restituiti dalle acque del Riachuelo, vi era quello di un piccolo apprendista, un ragazzino di 14 anni che aveva ancora il suo panino in tasca.
Le polemiche
Mentre il paese intero era paralizzato dalla tragedia, la ricerca dei colpevoli sembrava inarrestabile. Persino Antoine de Saint-Exupéry, autore del Piccolo Principe e residente all’epoca a Buenos Aires nella veste di direttore della linea Aeropostale Argentina-Francia, scrisse nel suo diario: “Ho ascoltato una notizia tremenda. Nella bruma il manovratore del tram non avvertì che il ponte era stato aperto per consentire il passaggio ad una barca. Crìtica (noto quotidiano dell’epoca) afferma che l’unico colpevole è il governo per non eseguire i dovuti accertamenti”.
Malgrado le accuse che inizialmente gravarono sul manovratore Vescio, il processo concluse che l’incidente era dovuto a una falla meccanica in quanto la manovella che aziona il freno era difettosa per via dell’usura e, rimanendo inceppata non appena azionata, lasciò la vettura accelerata anziché consentirle di frenare. Il povero Vescio, che lasciava vedova e tre figli, era diventato un’altra vittima del tramonto del sistema tranviario della città di Buenos Aires.
La percezione sociale fu però quella di una colpa condivisa. Da una parte, dell'azienda tranviaria per non effettuare dei controlli tecnici nelle unità destinate agli operai. Dall’altra, lo stato quale istituzione assente al momento di controllare i gestori dei trasporti. E in mezzo vi erano 56 poveri lavoratori che hanno pagato con la propria vita le profonde crepe di un sistema tranviario che, qualche decennio dopo sarebbe crollato per non risollevarsi mai più.
Appena estratto dalle acque, a quel macabro tram n. 75 furono cambiati i motori e la vettura fu rimessa in circolazione con il numero 575 dove continuò a prestare servizio sotto la Corporaciòn de Transportes fino agli anni ’40.
Galleria Immagini
Foto 1 a 3: il recupero della vettura n. 75 dalle acque del Riachuelo.
La Compañía de Tranvías Eléctricos del Sur (C.T.E. del S.), era stata fondata nel 1905 da capitali privati nazionali e nel 1930 contava con cinque linee tranviarie. La linea 105, nella quale prestava servizio il tram n.75, era stata inaugurata nel 1914. I tram di questa azienda erano di color rosso vino e la n.75 era una tra le cinque vetture a due assi, essendo tutte le altre della compagnia a quattro assi. I posti a sedere erano 36.
Foto 4: Immagine di Puente Bosch negli anni ’30.
Per arrivare a Buenos Aires, il tram doveva attraversare Puente Bosch sul Riachuelo un fiume que già all’epoca era la destinazione di tutti i rifiuti industriali delle aziende circostanti e le cui acque hanno ancora oggi un aspetto denso e nero difficile da descrivere. Riachuelo in spagnolo vuol dire “fiumiciattolo” ed è ancora il nome che viene dato al Rio Matanza vicino alla sua sfociatura nel Rio de la Plata. Sulla sponda destra c’è la città di Buenos Aires e sulla sinistra la periferia industriale e portuali del Comune di Avellaneda.
Una legge del 1901 autorizza la circolazione della linea tranviaria 105 e predisponeva altresì che la C.T.E. del S., avrebbe dovuto attraversare il Riachuelo per un ponte di loro proprietà. Quindi la C.T.E. del S. dovette costruire il ponte con i propri mezzi il quale fu inaugurato nel 1908. Il ponte si imbocca dalla via Bosch nel quartiere di Avellaneda.
Foto 5: Puente Bosch oggi.
Il ponte sul Riachuelo è notevolmente basso e mobile nella sua struttura centrale consentendo di sollevarsi per far passare le piccole navi che all’epoca ripercorrono il Riachuelo numerose. Dalla sponda di Buenos Aires vi era il casello per l’operatore del ponte incaricato di azionare i comandi ogni volta che una nave lo sollecitasse con due fischiettii. Pur essendo di proprietà dell’azienda tranviaria il ponte prevedeva due marciapiedi per i pedoni. Nel 1925 la sicurezza fu incrementata collocando delle luci rosse all'inizio e alla fine del ponte che venivano azionate quando il ponte iniziava ad sollevarsi.
Foto 6: questo è oggi il percorso nel senso in cui lo percorreva la linea 105.
Puente Bosch venne chiuso nel 2001, e dopo importanti modifiche strutturali fu reinaugurato per il suo centenario: nel 2008, questa volta senza rotaie, abilitato al transito ma con restrizioni di peso ed altezza delle vetture.
Foto 7: Puente Bosch sollevato all’epoca dell’incidente nello stesso senso in cui lo percorreva il tram.
Fonti
La tragedia del tranvìa obrero: https://web.archive.org/web/20160304103952/http://edant.clarin.com/suplementos/zona/2007/07/01/z-04201.htm#
A 80 anos de un viaje trágico en tranvia: https://archive.vn/20121230224331/http://www.diasdehistoria.com.ar/content/80-a%C3%B1os-de-un-viaje-tr%C3%A1gico-en-tranv%C3%AD
Historias del Puente Bosch: https://www.lanacion.com.ar/sociedad/historias-del-puente-bosch-nid1306323
56 cadaveres sepultados en las aguas del Riachuelo: https://www.diariopopular.com.ar/te-acordas-de/56-cadaveres-sepultados-las-aguas-del-riachuelo-n219275
Puente Bosch: https://en.wikipedia.org/wiki/Bosch_Bridge