MACIAFER
di Michele Bordone
Maciafer: cosa potrà mai avere in comune questa parola piemontese ormai in disuso con i nostri beneamati tram? Proverò a svelare l’arcano.
Tanti anni fa, nel secolo scorso, quando ero ancora un bambino di pochi anni gli inverni erano veramente freddi, nevicava e poi ghiacciava e nell’immediato dopoguerra non si navigava certo nell’oro per cui per riscaldarsi si utilizzavano le stufe a legna ed a carbone (ma questo non era certo della migliore qualità) il quale dopo bruciato lasciava un residuo ferroso detto appunto in dialetto “maciafer”.
Abitando a Trana nei primi anni cinquanta esisteva ancora l’ultima tranvia intercomunale torinese (la Torino – Giaveno) di cui ho ancora dei bellissimi ricordi.
Uno di questi è legato proprio a questo residuato del carbone. Come accennavo gli inverni erano freddi ed una delle due fermate tranviarie di Trana, quella di San Bernardino era in salita. Le mogli premurose per evitare che i loro mariti scendendo dal tram al ritorno dal lavoro nelle buie serate invernali scivolassero sulla neve ghiacciata spargevano alla fermata il “maciafer” prodotto dalla stufa (si riciclava proprio tutto!). Inoltre era molto comodo anche per non scivolare quando si doveva aiutare il tram a ripartire spingendolo su per la salita (...e la tranvia elettrica si trasformava in tranvia a cristiani non essendoci più cavalli da una cinquantina d’anni circa).
Questa tranvia era molto importante per coloro che dovevano recarsi a lavorare a Torino dove esistevano le più importanti fabbriche prima che queste venissero decentrate nella cintura.
Tra i vari ricordi che mi passano davanti agli occhi vedo mio padre che attraversa il ponte sul Sangone tornando alla sera stanco dal lavoro dopo che il tram era ripartito verso Giaveno ; al mattino purtroppo non ho mai avuto modo di assistere alla sua partenza in quanto si alzava molto presto per arrivare in orario al lavoro: questo tram del resto non poteva certamente chiamarsi “Freccia della Val Sangone“ e per percorrere i 25 Km del percorso sino a Trana impiegava più di 2 ore.
Non penso nemmeno che avesse una grande frequenza in quanto ho persino un ricordo di mio nonno che correva dietro all'ultima corsa del tram per riuscire a salirvi sopra dopo essersi soffermato troppo a salutare i suoi amati nipotini e pur non essendo un grande atleta riuscì a prenderlo...
Una volta che ero a Torino dai miei nonni materni i quali abitavano vicino a Porta Nuova siamo andati ad aspettare mio padre alla fermata di Corso Unione Sovietica all'angolo di Corso Sommelier nel tratto a binario unico che condivideva con le linee 11 e 41 che transitavano in senso contrario. Molto bello era stare qualche giorno con i nonni, ma che gioia vedere mio padre che veniva giù per Via Filangieri a prendere il tram di casa.
Per concludere i ricordi legati al tram di Giaveno in questi anni per me spensierati, ci sono ancora due particolari.
Il primo è che la tratta cittadina della linea era condivisa oltre che con le citate linee ATM, anche con il servizio merci della Satti per conto (presumo) della Fiat, avendo due raccordi addirittura con le Ferrovie dello Stato: uno in Piazzale Caio Mario all'ultimo cancello di Corso Agnelli dove si infilava nello stabilimento immettendosi nel raccordo di Via Vigliani e l’altro in Corso Unione Sovietica all’altezza della trincea ferroviaria del raccordo Porta Susa – Lingotto dove peraltro stazionavano diversi mezzi tra cui dei locomotori assomiglianti alla T450 di Sassi. Questi raccordi con binari e scambi di tipo ferroviario sono esistiti sino agli anni settanta.
Il secondo è un ricordo di un particolare un pò stravagante di cui penso purtroppo nessuno conosca il vero motivo: mi passa nella memoria una vettura passeggeri che oltre al pantografo tipico delle vetture della Torino-Giaveno aveva anche il trolley dei tram ATM e ciò ha colpito il mio precoce interessamento appassionato dei tram.